Il T.E.G.M., sulla cui base viene calcolato il tasso soglia, non viene calcolato facendo riferimento ai tassi d’interesse moratori, ma solo a quelli corrispettivi. Consegue che applicarlo puramente e semplicemente anche agli interessi moratori significa dare vita a un’applicazione priva di base normativa, che in caso di interpretazione estensiva (tasso soglia calcolato con riferimento agli interessi corrispettivi da riferirsi anche agli interessi moratori) sarebbe priva di razionalità, e censurabile quantomeno ex art. 3 Cost. in quanto:
1) applicherebbe la legge in difetto dei necessari provvedimenti di sostanziale attuazione all’ipotetica volontà del legislatore (i.e. la determinazione del tasso soglia di mora);
2) finisce per omologare situazioni diverse (già solo nella prassi il tasso di mora è ben diverso, e più elevato, di quelli corrispettivi), violando il principio di eguaglianza di trattamento, del quale è corollario l’illegittimità di disciplinare allo stesso modo situazioni in realtà diverse;
3) è chiaro che una sanzione calcolata su determinata presupposti fattuali, applicata a una fattispecie relativa a ben altri elementi costitutivi, appare intrinsecamente irragionevole.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Milano, Giudice Anna Giorgia Carbone, con la sentenza n. 2481 del 21 aprile 2020.
Una società, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., ha convenuto in giudizio una società di leasing chiedendo di accertare l’indeterminatezza delle condizioni contrattuali, la mancata indicazione del tipo di ammortamento, la mancata applicazione del tasso di interesse concordato, il comportamento della convenuta contrario a buona fede e correttezza contrattuale nonché la pattuizione di interessi usurari.
La società di leasing si è costituita in giudizio contestando in fatto e in diritto le istanze avversarie chiedendone l’integrale rigetto delle domande, evidenziando tra l’altro che non vi era alcuna indeterminatezza del tasso contrattuale applicato e la presenza di una discrasia tra i tassi è dovuta unicamente all’adeguamento del canone in funzione della variazione del parametro IRS.
Il Tribunale, investito del thema decidendum, ha, in primo luogo, analizzato la doglianza attorea della mancata indicazione in contratto della tecnica mediante la quale il piano viene sviluppato. Sul punto, il Giudice ha evidenziato che, dall’esame del contratto risulta che le parti hanno concordato nelle condizioni particolari la durata dell’operazione, il numero dei canoni, la periodicità e la decorrenza, l’ammontare, il tasso leasing, l’invariabilità dei canoni consecutivi con periodicità mensile il primo dei quali da corrispondersi il giorno 1 del mese successivo a collaudo avendo il contratto ad oggetto il leasing di un immobile da costruire; inoltre nell’allegato al contratto di locazione finanziaria le parti hanno determinato di “comune accordo” il corrispettivo globale in funzione dell’IRS puntuale corrispondente alla durata del contratto rilevato nella misura del 4,896%.
Pertanto, il Giudicante ha ritenuto che tutti gli elementi del contratto erano dunque tutti determinati e/o determinabili. Nessun vulnus quindi al contratto dal punto di vista strutturale, ossia sotto il profilo dell’oggetto. Né è stato ravvisato alcun comportamento della società concedente contrario a buona fede atteso che nel contratto sono state chiaramente indicate tutte le condizioni economiche oggetto del contratto.
In relazione, poi, alla presunta usurarietà dei tassi pattuiti, il Tribunale ha rappresentato che, per quanto la giurisprudenza della Suprema Corte sia consolidata nel ritenere l’assoggettabilità anche degli interessi moratori alla disciplina in materia di usura, tuttavia va considerato che il parametro oggettivo del Tasso Soglia Usura come introdotto dalla L. 108/1996 è determinato sulla base della rilevazione trimestrale del T.E.G.M. effettuata dalla Banca d’Italia secondo le indicazioni e le prescrizioni impartite dal Ministero delle Finanze.
Le rilevazioni statistiche sono condotte con riferimento esclusivamente ai tassi corrispettivi, in considerazione della loro natura e funzione di retribuzione del denaro e, quindi, di prezzo corrisposto in relazione all’erogazione del credito e non con riferimento agli interessi moratori. E’ verosimile ritenere che analoga rilevazione non sia stata effettuata con riferimento agli interessi di mora, in considerazione della loro differente natura di prestazione non necessaria, ma solo eventuale, in quanto destinata a operare solo in caso di inadempimento dell’utilizzatore, nonché in ragione della funzione non corrispettiva, ma risarcitoria del danno derivante dall’inadempimento e, quindi, di una funzione che può portare a quantificare la pattuizione in forza di variabili e di componenti estremante eterogenee e non strettamente e direttamente collegate al costo del denaro e all’erogazione del credito. Ne consegue l’impossibilità stessa di effettuare, in base all’ordinamento positivo vigente, una valutazione di usurarietà oggettiva degli interessi moratori in assenza del parametro di riferimento.
L’impossibilità di raffrontare il tasso di interesse moratorio con il tasso soglia ai fini di verificarne l’usurarietà appare ulteriormente confortato dal D.L. 132/2014, convertito con la Legge 10.11.2014 n. 162, il quale ha introdotto nella previsione di cui all’art. 1284 c.c. un interesse legale di mora, per le ipotesi in cui lo stesso non fosse stato oggetto di specifica pattuizione ad opera delle parti, parametrato con richiamo al tasso di interesse legale per le transazioni commerciali di cui al D.L.vo 231/2002, determinando in tal modo un tasso di interesse che, con riferimento a diverse tipologie contrattuali, risulta essere superiore al tasso soglia trimestralmente rilevato dalla Banca d’Italia.
Pertanto, fino a quando non si procederà alla rilevazione di un T.E.G.M. specifico per gli interessi mora, non potrà procedersi alla valutazione dell’usura cd. oggettiva o presunta.
Tuttavia, il Giudice ha rappresentato che tale conclusione non priva il debitore di altre forma di tutela, in quanto al di là della configurabilità dell’usura cd. soggettiva – con conseguente necessità di provare che per effetto della pattuizione di tali interessi si sia determinata una sproporzione tra le prestazioni con approfittamento delle condizioni di difficoltà economiche e finanziarie del debitore – la funzione degli interessi di mora, quale strumento risarcitorio del danno in misura predeterminata, ne consente l’assimilazione all’istituto della clausola penale, con la conseguente possibilità di una sua riduzione ai sensi dell’art. 1384 c.c., prospettandone i presupposti di manifesta eccessività riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento.
Nel caso di specie, però, vi è stato un difetto di allegazione in tal senso.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il Tribunale ha rigettato le domande dell’attrice, condannandola, altresì, alla refusione delle spese di lite in favore della società di leasing.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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