Provvedimento segnalato dalla Dott.ssa Margherita Andreucci
L’art. 1 della legge 108 del 1996, nella parte in cui prevede che ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario deve tenersi conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito, deve interpretarsi come riferito ai soli oneri usurari che, costituendo il corrispettivo immediato della somma di denaro o di altra utilità ex art. 644 c.p., rinvengono il proprio titolo direttamente nella stipulazione del contratto e sono pertanto certi nella loro applicazione.
Al contrario, non concorrono alla definizione del tasso soglia gli oneri, di natura risarcitoria, indennitaria o di altra specie, incerti nell’an e nel quantum e connessi all’erogazione del credito in via indiretta, poiché ravvisano il proprio titolo non soltanto nel contratto ma in una fattispecie più ampia, che presuppone oltre al fatto giuridico della stipulazione negoziale un fatto ulteriore, meramente eventuale, rappresentato dall’inadempimento del mutuatario, nel caso degli interessi moratori, o dall’esercizio della facoltà di estinzione anticipata, con riguardo all’omonima penale.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Lucca, Giudice Carmine Capozzi, con la sentenza n. 25 del 04.01.2019.
In particolare, la vicenda ha riguardato dei mutuatari che hanno proposto opposizione al precetto loro notificato, in data 9.3.2016, da una Banca che ha intimato il pagamento della somma di euro 141.953,01, dovuta in forza di titolo esecutivo stragiudiziale, costituito dall’atto di mutuo fondiario.
Gli opponenti hanno fatto valere un unico motivo con il quale hanno denunciato la sussistenza di una fattispecie di usura originaria.
Hanno chiesto, pertanto, accertarsi e dichiararsi la nullità parziale del contratto di mutuo, quanto agli interessi (usurari) pattuiti, e di rideterminare i rapporti di dare e avere tra le parti, portando in compensazione il credito restitutorio relativo agli interessi pagati. Hanno proposto, inoltre, azione di risarcimento dei danni subiti in conseguenza della condotta illecita della convenuta.
La banca opposta, costituitasi in giudizio, ha contestato gli assunti di parte attrice e ha chiesto il rigetto dell’opposizione all’esecuzione.
Il Giudice nell’affrontare il thema decidendum, ha rappresentato che, sebbene la giurisprudenza di legittimità abbia sostenuto che gli interessi moratori siano ricompresi nel perimetro d’applicazione della legge sull’usura, tale soluzione interpretativa non trova un sicuro conforto nella L.108/1996.
Al riguardo, per il Giudicante, l’occasione della legge d’interpretazione autentica va individuata nella sent. 14899/2000 della Corte di Cassazione che, con riferimento proprio a un contratto di mutuo e agli interessi moratori, aveva stabilito che la pattuizione relativa agli interessi moratori a tasso divenuto usurario a seguito della legge n. 108 del 1996 è illegittima anche se convenuta in epoca antecedente all’entrata in vigore di detta legge e comporta la sostituzione di un tasso diverso a quello divenuto ormai usurario, limitatamente alla parte di rapporto a quella data non ancora esaurito.
Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che la soluzione fatta propria dal giudice di legittimità non sia coerente con plurime indicazioni contenute nella legge 108/1996, con le stesse modalità fissate dalla predetta legge per la determinazione del tasso soglia usurario e con la disposizione d’interpretazione autentica per cui la natura usuraria degli interessi va valutata al momento della pattuizione e non del pagamento.
Il Giudicante ha sottolineato che l’art.1 della L.108/1996, nel disciplinare il nuovo reato d’usura (art.644 c.p.), stabilisce al comma primo che il vantaggio usurario (dato o promesso), quale che ne sia la forma, deve costituire il “corrispettivo” di una prestazione di denaro o di altra utilità.
La stessa disposizione, nello stabilire che sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori al limite legale (su cui infra), gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria, pone un’evidente problema di equilibrio tra prestazione di danaro e i vantaggi conseguiti dal mutuante e di diretta correlazione tra l’una e gli altri.
La disposizione prevede ancora che per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. L’art.2 della L.108/1996 prevede che sia rilevato trimestralmente, secondo il meccanismo di cui si dirà fra poco, il tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli altri intermediari, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese.
Il riferimento alla corrispettività tra il vantaggio (usurario) e la prestazione del mutuante e all’esigenza di un equilibrio tra contrapposte prestazioni, che consente di dare rilevanza, a certe condizioni, ai casi di c.d. usura in concreto, così come il riferimento ad un tasso effettivo globale comprensivo di tutte le remunerazioni del credito, rende evidente, a parere del giudicante, che l’art.1 della L.108/1996 si riferisca soltanto alla categoria dei vantaggi (usurari) che si pongano come corrispettivo immediato della prestazione di una somma di denaro o di altra utilità, che siano collegati direttamente all’erogazione del credito e che, quindi, rinvengono nell’erogazione del credito il loro fatto genetico certo e diretto.
Tale rapporto diretto non è predicabile invece per gli oneri (di natura risarcitoria, indennitaria o di altra natura) del tutto eventuali nella loro applicazione, che rinvengono il proprio titolo non soltanto nel fatto giuridico che dà luogo allo scambio tra la somma prestata e il vantaggio per il mutuante, ma in una fattispecie più ampia che presuppone tale fatto ma anche, ad esempio, il fatto ulteriore dell’inadempimento del mutuatario o dell’esercizio della facoltà di estinzione anticipata del mutuo.
Il Giudice ha ritenuto, in conclusione, che ai fini dell’applicazione della legge sull’usura l’unico discrimine rilevante è quello tra costi certi e costi eventuali e ipotetici. I costi certi sono quelli dovuti in forza della sola erogazione del credito, che si correlano a questa direttamente e immediatamente, senza l’intermediazione di fatti ulteriori. Soltanto tali costi vanno rilevati e soltanto essi rilevano ai fini del superamento del tasso soglia usura.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, il Tribunale ha rigettato l’opposizione.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
USURA: GLI INTERESSI DI MORA NON POSSONO ESSERE VALUTATI CON RIFERIMENTO AI TEGM DETERMINATI PER I CORRISPETTIVI
TALI VALORI VANNO MAGGIORATI DEL 2,1% AL FINE DI DETERMINARE UNA SPECIFICA SOGLIA PER I MORATORI
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Erminio Colazingari | 11.01.2018 | n.672
USURA: GLI INTERESSI DI MORA SONO IRRILEVANTI AI FINI DELLA L. 108/96
L’ORDINAMENTO GIURIDICO ADOTTA UNA NOZIONE DI USURA DEL TUTTO SVINCOLATA DAGLI ONERI DA INADEMPIMENTO
Sentenza | Tribunale di Modena, Giudice Alberto Rovatti | 02.02.2018 | n.186
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