Non appare corretto confrontare i tassi soglia con dei TAEG calcolati sulla base di criteri non omogenei; ciò si rileva anche con riferimento alla commissione di massimo scoperto, che si vorrebbe includere nel tasso effettivo ma non è considerata nella determinazione dei tassi soglia.
La commissione di massimo scoperto, pur non costituendo un interesse in senso tecnico, bensì una commissione trova giustificazione quale parziale ristoro per la minore redditività che la banca subisce dovendo tenere a disposizione risorse liquide, pertanto, in virtù dell’autonomia contrattuale riconosciuta alle parti dall’art. 1322 c.c., è consentito alle stesse di convenire il pagamento di una simile commissione, posto che la stessa è volta a remunerare un onere effettivamente gravante sulla banca e quindi sia meritevole di tutela giuridica.
Spetta alla parte attorea anche in una azione di accertamento negativo o di nullità, avanzare contestazioni avverso la contabilità tenuta dall’istituto di credito e comunicata in estratto; tale contabilità può costituire prova del saldo attivo a favore della banca qualora il debitore si limiti ad una generica affermazione di nulla dovere, o di dovere una somma inferiore, senza muovere addebiti specifici e circostanziati sulle singole poste dalle quali discende quel saldo.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Roma, Dott.ssa Maria Pia Di Lorenzo, con la pronuncia n. 21568 del 10.11.2016.
Nel caso di specie una società s.n.c conveniva in giudizio la Banca con la quale intratteneva un rapporto di conto corrente, al fine di rideterminare il rapporto dare – avere in conseguenza dell’asserita applicazione di interessi usurari, così come risultante da perizia stragiudiziale, e dell’illecita applicazione della commissione di massimo scoperto deducendo la mancata pattuizione della stessa e che comunque essa, risolvendosi in un costo aggiuntivo legato all’erogazione del credito fosse priva di causa, risultando la relativa clausola negoziale affetta da nullità.
In merito all’usurarietà degli interessi applicati, il Tribunale di Roma rilevava che il consulente di parte aveva fatto dichiaratamente riferimento ad una formula di calcolo diversa da quella applicata dalla Banca d’Italia, richiamata dall’art, 2 L. 108/96 per il tramite dei decreti del Ministro del Tesoro, in particolare non risultando corretto il confronto dei tassi soglia con dei TAEG calcolati sulla base di criteri non omogenei, ciò in particolare riferimento alla CMS che era stata inclusa nel tasso effettivo benchè non fosse stata considerata nella determinazione dei tassi soglia.
Il giudice ha dunque ritenuto le conclusioni della perizia inidonee a fondare la contestazione della società ed a giustificare l’ammissione di una CTU contabile.
In relazione all’illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto, il Tribunale ha rilevato che la stessa, pur non costituendo un interesse in senso tecnico, bensì una commissione, trova giustificazione quale parziale ristoro per la minore redditività che la banca subisce dovendo tenere a disposizione risorse liquide, di tal che le parti possono legittimamente convenire il pagamento di una simile commissione, posto che la stessa è volta a remunerare un onere effettivamente gravante sulla banca e quindi sia meritevole di tutela giuridica.
Rilevato dunque che nessuna contestazione di carattere specifico era stata formulata sulla conformità della sua quantificazione ai criteri contrattuali e che la banca aveva prodotto il contratto dal quale emergeva la stipulazione di tutte e condizioni contrattuali regolatrici del rapporto, il giudice romano ha ricordato che spetta alla parte attorea anche in una azione di accertamento negativo o di nullità, avanzare contestazioni avverso la contabilità tenuta dall’istituto di credito e comunicata in estratto e che tale contabilità può costituire prova del saldo attivo a favore della banca qualora il debitore si limiti ad una generica affermazione di nulla dovere, o di dovere una somma inferiore, senza muovere addebiti specifici e circostanziati sulle singole poste dalle quali discende quel saldo.
In ragione dei suesposti rilievi, il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda di parte attrice condannandola al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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