ISSN 2385-1376
Testo massima
Segnalato dalla dott.ssa Stefania Ventura di Modena
La penale contrattuale per la risoluzione anticipata del mutuo non può essere considerata ai fini del calcolo relativo al superamento del tasso soglia, vista la “disomogeneità tra la penale e gli interessi e spese che concorrono all’individuazione del tasso soglia”.
L’eventuale superamento del tasso soglia per effetto del computo degli interessi moratori o della penale non comporta la nullità di tutte le clausole relative agli interessi, restando comunque salvi gli interessi corrispettivi.
La clausola “floor” non comporta un’indeterminatezza dell’oggetto del contratto e l’ordinamento non richiede che essa sia bilanciata da una corrispondente clausola “cap”.
L’applicazione del noto coefficiente 365/360 non comporta l’indeterminatezza dei tassi applicati né la violazione dei principi di legge sulla maturazione, giorno per giorno, degli interessi (art.821, co.3, cod. civ.), risultando anzi conforme al disposto di cui al D.M. 104344/1998.
Questi i principi affermati dal Tribunale di Ferrara, dott.ssa Caterina Arcani, con la sentenza n. 1131, depositata in data 16.12.2015.
Nel caso in esame, un mutuatario conveniva in giudizio la banca sul presupposto dell’usurarietà oggettiva del mutuo fondiario sottoscritto, dolendosi altresì dell’indeterminatezza dell’oggetto del contratto per l’operatività di una commissione occulta, generata della clausola c.d. floor che prevedeva un tasso minimo applicato al contratto. Contestava, infine, la violazione del disposto della delibera CICR del 09.02.2000 in materia di capitalizzazione degli interessi.
In particolare, il mutuatario-attore riconduceva lo sforamento del tasso soglia alla previsione contrattuale che imponeva al mutuatario, “in caso di inadempimento, oltre all’obbligo di restituire la somma ricevuta a titolo di mutuo, il pagamento di una penale commisurata al capitale residuo del mutuo al momento della richiesta di risoluzione del contratto” per cui operava un calcolo simulato del tasso di interesse che la banca avrebbe potuto applicare, nel caso in cui il mutuatario si fosse reso inadempiente sin dalla corresponsione della prima rata del finanziamento.
La banca resisteva alla domanda, evidenziando la carenza di interesse ad agire del mutuatario rispetto alla domanda di accertamento dell’usurarietà del tasso di interesse, non essendosi verificata la circostanza su cui la dedotta violazione risultava fondata, ossia la particolare ipotesi di inadempimento fin dalla corresponsione della prima rata del finanziamento, escludendo nel merito la fondatezza di ogni addebito.
Il Tribunale ha rigettato in toto la domanda del cliente, condannandolo al pagamento delle spese di lite in favore della banca.
In relazione alla censura di usurarietà, fondata sul calcolo simulato del tasso di interesse che la banca avrebbe potuto applicare ove si fosse realizzato l’inadempimento del mutuatario fin dalla prima rata di mutuo, il Tribunale ha ritenuto fondata l’eccezione relativa alla carenza di interesse ad agire dell’attore, risultando indimostrata, poiché di fatto mai verificatasi, la dedotta ipotesi di inadempimento.
Nel provvedimento è stato poi chiarito che, se anche la predetta circostanza si fosse verificata, “il superamento della soglia sarebbe derivato dalla ipotetica applicazione della penale per la risoluzione anticipata, la cui natura è ben diversa dall’obbligazione relativa al pagamento degli interessi, sulla cui misura deve misurarsi la soglia dell’usura” per cui nel caso il superamento del tasso soglia fosse stato effettivo, la debenza degli interessi corrispettivi non sarebbe stata intaccata dalla nullità dell’accertata clausola usuraria.
Il Tribunale ha ribadito in maniera categorica il principio sotteso all’intera disciplina antiusura, che impone la raccolta ed il confronto dei soli dati omogenei (giuridicamente ed economicamente) per cui il relativo importo di una penale non potrà essere incluso tra le voci rilevanti ex lege 108/96, attesa la disomogeneità tra la penale de qua e le spese che concorrono alla individuazione del tasso soglia.
Interessante è poi la decisione nella parte in cui ha chiarito che la previsione di una clausola “floor”, data dal tasso minimo applicabile non integra né una commissione occulta, né tantomeno richiede la analoga previsione contrattuale equilibratrice a favore del mutuatario con una clausola “cap”.
Ai fini della validità della clausola “floor” è sufficiente la previsione della medesima in termini sufficientemente chiari, nel rispetto della trasparenza dei prodotti bancari e della libertà contrattuale delle parti, in quanto l’ordinamento non prescrive infatti che i contratti di mutuo prevedano, oltre a soglie minime di tasso corrispondenti soglie massime.
Le tesi del mutuatario sono state perciò smentite su tutti i fronti, ivi compreso quello della dedotta indeterminatezza del tasso poiché calcolato tramite un’equazione che ha come numeratori algebrici la quotazione Euribor moltiplicata per il coefficiente 365 e come denominatore il coefficiente 360.
Tale legittima pattuizione, infatti, attiene ad una modalità di calcolo che integra i requisiti di determinatezza e/o determinabilità, né viola la disposizione di cui all’art.821 co. 3 c.c., secondo la quale i frutti civili (interessi) maturano giornalmente.
In particolare, è decisivo il rilievo che l’utilizzo del coefficiente indicato per la determinazione del tasso recepisca quanto imposto dal Ministero del Tesoro, con Decreto Ministeriale in data 23.12.1998 n.104344.
Ne è conseguita la soccombenza integrale del cliente-attore, con ingente condanna al pagamento delle spese di lite.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 10/2015