Il reato di usura è punibile solo a titolo di dolo diretto, che consiste nella cosciente volontà di conseguire i vantaggi usurari. Infatti, il dolo eventuale o indiretto postula una pluralità di eventi (conseguenti all’azione dell’agente e da questi voluti in via alternativa o sussidiaria nell’attuazione del suo proposito criminoso) che non si verifica nel reato di usura in cui vi è l’attingimento dell’unico evento di ottenere la corresponsione o la promessa di interessi o vantaggi usurari, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile.
E’ inammissibile il ricorso per Cassazione, proposto dalla parte civile avverso sentenza di non luogo a procedere, se l’atto di impugnazione, in una situazione di incertezza probatoria, si limiti a contestare il merito dell’apprezzamento del G.U.P., senza dedurre specificamente gli ulteriori elementi di prova che avrebbero potuto essere acquisiti al dibattimento, nè i punti del quadro probatorio suscettibili di integrazione attraverso il contraddittorio dibattimentale, poichè, secondo il principio generale desumibile dal sistema, deve procedersi al dibattimento solo se dallo svolgimento della relativa istruttoria la prospettiva accusatoria può trovare ragionevole sostegno per fugare la situazione di dubbio, ma non anche in caso di astratta possibilità di una decisione diversa a parità di quadro probatorio.
Questi i principi espressi dalla Cassazione penale, sez. seconda, Pres. Davigo – Rel. D’Arrigo, con la sentenza n. 49318 del 21.11.2016.
Nel caso in questione, il G.U.P. del Tribunale di Pistoia aveva emanato una sentenza di non luogo a procedere nei confronti del direttore pro tempore di una Banca, ritenendolo non imputabile del delitto di usura, avendo quest’ultimo conferito ad una società esterna il compito di rilevare informaticamente l’eventuale superamento dei tassi soglia.
Avverso la decisione emessa dal Giudice toscano, ricorreva in Cassazione la parte civile, ritenendo non scusabile il comportamento del direttore della Banca, quanto meno a titolo di dolo eventuale, perché responsabile di avere incaricato apposite società esterne, della verifica del rispetto dei tassi soglia.
La Suprema Corte, preliminarmente, osservava la sentenza di non luogo a procedere è una sentenza di merito su un aspetto processuale, in cui il giudice dell’udienza preliminare è chiamato a valutare non la fondatezza dell’accusa, bensì la capacità degli elementi posti a sostegno della richiesta di cui all’art. 416 c.p.p., eventualmente integrati ai sensi degli artt. 421 bis e 422 c.p.p., di dimostrare la sussistenza di una “minima probabilità” che, all’esito del dibattimento, possa essere affermata la colpevolezza dell’imputato.
In altri termini, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il G.U.P., in presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicità ed alternatività di soluzioni valutative, deve limitarsi a verificare se la situazione verificatasi possa essere superata attraverso gli approfondimenti propri della fase del dibattimento, senza operare valutazioni di tipo sostanziale che spettano, nella predetta fase, al giudice naturale.
In ordine, peraltro, all’elemento soggettivo del reato di usura, la Corte adita sottolineava che il reato di usura è punibile solo a titolo di dolo diretto, consistente nella cosciente volontà di conseguire i vantaggi usurari; infatti, il dolo eventuale o indiretto postula una pluralità di eventi (conseguenti all’azione dell’agente e da questi voluti in via alternativa o sussidiaria nell’attuazione del suo proposito criminoso) esclusi nel reato di usura in cui vi è l’attingimento dell’unico evento di ottenere la corresponsione o la promessa di interessi o vantaggi usurari, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile.
Nella prospettazione del ricorrente, secondo il Giudice di legittimità, invece, il direttore della Banca avrebbe dovuto rispondere del tasso usuraio praticato dall’agenzia bancaria, non tanto in ragione del dolo eventuale, quanto, piuttosto, di una vera e propria ipotesi di culpa in eligendo o in vigilando sulla società esterna incaricata di contenere automaticamente il saggio di interessi entro il limite del c.d. “tasso soglia” trimestrale.
Sulla base di quanto suesposto, la Suprema Corte, rilevato, inoltre, che risulta inammissibile il ricorso per cassazione, proposto dalla parte civile avverso sentenza di non luogo a procedere, se l’atto di impugnazione, in una situazione di incertezza probatoria, si limiti a contestare il merito dell’apprezzamento del G.U.P., senza dedurre specificamente gli ulteriori elementi di prova che avrebbero potuto essere acquisiti al dibattimento, nè i punti del quadro probatorio suscettibili di integrazione attraverso il contraddittorio dibattimentale, rigettava il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di lite.
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