La valutazione del superamento del tasso soglia avviene al momento in cui gli interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento, di conseguenza, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola, né si può ravvisare in capo al mutuante una condotta contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto.
Gli interessi moratori non costituiscono una forma di remunerazione, in quanto la loro funzione è quella di sanzionare l’inadempimento del mutuatario sulla base di una previsione pattizia riconducibile al genus delle clausole penali, di conseguenza, la previsione del tasso degli interessi moratori deve considerarsi in via di principio rimessa all’autonomia contrattuale, salva una valutazione, anche d’ufficio, di manifesta eccessività degli effetti economici determinati dalla loro applicazione in capo al mutuatario ai sensi dell’art. 1384 cc (che darebbe luogo, soltanto, a una riduzione equitativa di tali effetti).
Questi i principi espressi dal Tribunale di Modena, Giudice Paolo Siracusano, con la sentenza n.528 del 21.03.2018.
Nella fattispecie processuale esaminata un CLIENTE e i suoi FIDEIUSSORI agivano in giudizio contro la BANCA, con la quale il primo aveva stipulato un rapporto di conto corrente e un contratto di mutuo lamentando l’applicazione di addebiti illegittimi per anatocismo e usura.
Più nel dettaglio, la parte attrice chiedeva l’accertamento del credito restitutorio e la dichiarazione di gratuità del rapporto contrattuale di mutuo sostenendo l’usurarietà degli interessi risultanti dalla sommatoria tra tasso contrattuale e tasso di mora.
La BANCA resisteva in giudizio eccependo, in via preliminare, il difetto di titolarità della pretesa in capo ai fideiussori e nel merito esponendo la correttezza degli addebiti praticati in entrambi i rapporti.
Il Tribunale sin da subito ha rilevato l’interesse dei garanti in ordine all’accertamento della situazione debitoria del garantito rigettando l’eccezione della BANCA.
Nel merito, in ordine al rapporto di conto corrente, aperto nel 2004, il Giudice ha rilevato che nel regolamento contrattuale era prevista l’identica periodicità della capitalizzazione degli interessi attivi e passivi, e che il credito riconosciuto a favore del cliente era di 1,69 euro.
Più complessa si è rivelata l’analisi fornita dal Tribunale sull’usura oggettiva, infatti, il Giudice ha affermato di aderire alla pronuncia resa dalla Cassazione a Sez. Un. n. 24675 del 2017 ai sensi della quale nel nostro ordinamento è configurabile solo l’ipotesi di usura originaria e non sopravvenuta, in quanto l’interpretazione letterale dell’art. 644 c.p.p. ancora la valutazione del tasso soglia al momento in cui gli interessi sono convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento.
Di conseguenza, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi, né il mutuatario può eccepire la violazione del dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto del mutuante.
Il Magistrato, applicando il menzionato principio, ha rilevato che non risultavano elementi tali da qualificare la pretesa della BANCA contraria a buona fede, in quanto la condotta abusiva postulerebbe un esercizio disfunzionale del diritto che nel caso di specie non è dato ravvisare, non potendosi inverare nel mero superamento sopravvenuto del tasso soglia.
Nel merito, il Tribunale dapprima ha richiamato la giurisprudenza recente sulla disciplina antiusura degli interessi moratori, statuendo che la valutazione in termini di usurarietà del contratto debba essere effettuata con esclusivo riguardo agli oneri che costituiscono remunerazione della messa a disposizione del capitale e che gli interessi moratori non costituiscano una forma di corrispettivo, in quanto la loro funzione è di sanzionare l’inadempimento del mutuatario sulla base di una previsione pattizia riconducibile al genus delle clausole penali.
In tal senso, il giudice applicando i principi dell’equità correttiva potrebbe modificare il regolamento contrattuale, senza violare l’autonomia privata delle parti, nei limiti in cui l’ammontare economico della clausola risulti manifestamente eccessivo.
Sul punto, è emerso che la disciplina antiusura condivide la medesima ratio sottesa alle clausole vessatorie, vale a dire di evitare uno squilibrio tra le prestazioni del creditore e del debitore la cui valutazione è ammissibile solo ex ante.
Ad avviso del Tribunale, infatti, non è possibile sostenere che gli interessi moratori siano un dato già attuale al momento della pattuizione, in altri termini, se la mora è un dato sopravvenuto, eventuale, dipendente sia nell’an sia nel quantum dal comportamento contra ius del mutuatario, l’applicazione della disciplina sanzionatoria di un comportamento illecito del mutuante nella fase genetica del contratto non è configurabile.
Ciò posto, se il giudizio in punto di usurarietà si basa sul raffronto tra un dato concreto (lo specifico TEG applicato nell’ambito del contratto oggetto di contenzioso) e un dato astratto (il TEGM rilevato con riferimento alla tipologia di appartenenza del contratto in questione) il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato. Se così fosse, non si comprende – secondo il Tribunale – come si possano rapportare gli interessi moratori a qualsiasi tasso, per farne discendere l’eventuale nullità della clausola che li prevede (o addirittura la gratuità del contratto), finché non ne sia determinato uno da parte del legislatore che ne contempli la loro rilevazione.
Nel caso di specie, la parte attrice sosteneva l’usurarietà degli interessi pattuiti sulla base della sommatoria tra tasso contrattuale e tasso di mora, senza neppure allegare, né tanto meno quantificare, ai fini di una sua eventuale riduzione equitativa, l’addebito degli interessi moratori, con ciò rendendosi evidente, già in astratto, l’assenza di qualsivoglia ragione di tutela.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale ha accertato il credito di euro 1,69 del CLIENTE verso la BANCA in forza del rapporto di conto corrente e ha rigettato le domande di parte attrice in ordine all’usura compensando le spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
USURA SOPRAVVENUTA: RILEVA UNICAMENTE IL MOMENTO DELLA PATTUIZIONE
VALIDI I TASSI DIVENUTI SUCCESSIVAMENTE USURAI
Sentenza | Corte di Cassazione civile, Sezioni Unite, Pres. Rordorf – Rel. De Chiara | 19.10.2017 | n.24675
RAPPORTI BANCARI: ESCLUSA OGNI RILEVANZA DELLA CD. USURA SOPRAVVENUTA
IL RISPETTO DELLA NORMATIVA IN TEMA DI USURA VA VERIFICATO CON ESCLUSIVO RIFERIMENTO AL MOMENTO DELLA PATTUIZIONE
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Marco Cirillo | 26.01.2018 | n.1846
USURA SOPRAVVENUTA: RILEVANO UNICAMENTE I TASSI CONVENUTI AL MOMENTO DELLA STIPULA
IL TRIBUNALE DI ROMA FA PROPRIO IL DICTUM DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE S.U. N. 24675/17
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Dott. Fausto Basile | 19.02.2018 | n.3565
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