Provvedimento segnalato da Donato Giovenzana – Legale d’impresa
Incombe sull’investitore, il quale lamenti la violazione degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario, l’onere di allegare specificamente l’inadempimento di tali obblighi, mediante la individuazione delle informazioni che l’intermediario avrebbe omesso di somministrare, nonché di fornire la prova del danno e del nesso di causalità tra inadempimento e danno, nesso che sussiste se, ove adeguatamente informato, l’investitore avrebbe desistito dall’investimento rivelatosi poi pregiudizievole; incombe invece sull’intermediario provare che tali informazioni sono state fornite, ovvero che esse esulavano dall’ambito di quelle dovute
Devono, invece, escludersi gli obblighi di informazione successivi alla concreta erogazione del servizio e relativi, quindi, all’investimento effettuato, quando non sia previsto nel contratto un servizio di gestione del portafoglio o un servizio di consulenza.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Giancola, Rel. Tricomi, con l’ordinanza n. 22463 del 24 settembre 2018.
La Cassazione ha ritenuto la decisione impugnata improntata al principio già espresso in sede di legittimità, secondo cui “In tema di intermediazione finanziaria, la disciplina dettata dall’articolo 23, comma 6, del d.lgs. n. 58 del 1998, in armonia con la regola generale stabilita dall’articolo 1218 c.c., impone all’investitore, il quale lamenti la violazione degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario, nel quadro dei principi che regolano il riparto degli oneri di allegazione e prova, di allegare specificamente l’inadempimento di tali obblighi, mediante la pur sintetica ma circostanziata individuazione delle informazioni che l’intermediario avrebbe omesso di somministrare, nonché di fornire la prova del danno e del nesso di causalità tra inadempimento e danno, nesso che sussiste se, ove adeguatamente informato, l’investitore avrebbe desistito dall’investimento rivelatosi poi pregiudizievole; incombe invece sull’intermediario provare che tali informazioni sono state fornite, ovvero che esse esulavano dall’ambito di quelle dovute” (Cass. n.10111 del 24/04/2018).
Per gli Ermellini, la Corte territoriale ha dato conto anche degli elementi di fatto per cui ha escluso di poter ravvisare, in concreto, il nesso di causalità in re ipsa, in relazione all’assolvimento degli obblighi informativi circa la adeguatezza delle operazioni, avendo ritenuto l’adempimento dell’obbligo in merito all’ultima operazione sufficiente a rendere edotta la cliente anche dei rischi attuali connessi alle negoziazioni pregresse relative a titoli della medesima provenienza ed avendo valutato il conseguente comportamento della investitrice, che non aveva rinunciato all’investimento, né aveva disinvestito i titoli precedentemente acquistati, della stessa tipologia, circostanze non contestate.
Quanto, poi, alla denuncia per inidoneità/insufficienza dell’avvertenza formulata per l’ultimo acquisto ai sensi dell’art.29, comma 3, cit. perché priva di espliciti riferimenti a tutti i motivi di inadeguatezza, gli Ermellini ricordano in proposito che, in sede di legittimità, è già stato chiarito che “In tema di intermediazione finanziaria, nel quadro di applicazione dell’art. 29 del regolamento Consob n. 11522 del 1998, la segnalazione di inadeguatezza ivi contemplata al comma 3, laddove si riferisce ad “esplicito riferimento alle avvertenze ricevute”, non richiede l’indicazione del contenuto delle informazioni al riguardo somministrate dall’intermediario; in tal caso e cioè in mancanza di indicazione del contenuto delle informazioni omesse, la sottoscrizione da parte del cliente della segnalazione di inadeguatezza non incide sul riparto del relativo onere di allegazione e prova, né tantomeno costituisce prova dell’adempimento, da parte dell’intermediario, dell’obbligo informativo posto a suo carico, ma fa soltanto presumere che l’obbligo sia stato assolto, sicché, ove il cliente alleghi quali specifiche informazioni siano state omesse, grava sull’intermediario l’onere di provare, con ogni mezzo, che invece quelle informazioni siano state specificamente rese, ovvero non fossero dovute” (Cass. n.10111 del 24/04/2018).
Infine, la Suprema Corte – rilevato che tra le parti non risultava essere stato stipulato anche un contratto di gestione patrimoniale (un servizio di gestione del portafoglio o di consulenza) – ha acclarato la conseguente insussistenza di un obbligo in capo all’istituto di credito di segnalare al cliente anche il progressivo deterioramento delle condizioni economiche dell’emittente dei titoli acquisiti nel deposito.
Infatti, per i Supremi Giudici, se è vero che gli obblighi di informazione previsti dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 (TUF) non riguardano soltanto la fase anteriore alla stipula del contratto di negoziazione, ma anche la fase successiva, è pur vero che gli obblighi relativi alla fase di esecuzione attengono allo svolgimento successivo del rapporto quale è predeterminato dallo stesso contratto quadro, che disciplina le modalità con cui devono essere impartiti gli ordini dal cliente ed eseguiti dall’intermediario i singoli ordini di investimento o disinvestimento; si devono invece escludere obblighi di informazione successivi alla concreta erogazione del servizio e relativi, quindi, all’investimento effettuato, quando non sia previsto nel contratto un servizio di gestione del portafoglio o un servizio di consulenza.
I compiti gravanti sul depositario si esauriscono nella sola conservazione dei titoli e nella loro amministrazione, consistenti, in particolare, nella riscossione dei dividendi e degli interessi, con esclusione perciò di ogni obbligo ulteriore e, segnatamente, degli obblighi consultivi ed informativi sottesi alla gestione del portafoglio.
Per il che la Cassazione ha respinto il ricorso della risparmiatrice, che aveva effettuato il quarto investimento in bond argentini, nonostante l’appalesarsi del rischio e la segnalazione di “inadeguatezza” da parte della Banca.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
CONTRATTO QUADRO MONOFIRMA: È SUFFICIENTE LA SOLA SOTTOSCRIZIONE DELL’INVESTITORE
NON È NECESSARIA LA FIRMA DELL’INTERMEDIARIO IL CUI CONSENSO PUÒ DESUMERSI PER FACTA CONCLUDENTIA
Sentenza | Cassazione Civile Sezioni Unite, Pres. Rordorf – Rel. Di Virgilio | 16.01.2018 | n.898
BOND ARGENTINA: LA MANCATA INFORMAZIONE NON PRODUCE IPSO IURE RESPONSABILITÀ BANCA
IL CLIENTE DEVE DIMOSTRARE CHE NON AVREBBE INVESTITO
Sentenza | Corte di Appello di Roma, Sezione Terza, Pres. Tirelli – Rel. Pinto | 08.07.2014 | n.4611
BOND ARGENTINA: NESSUN RISARCIMENTO AL CLIENTE CHE HA VOLUTO L’OPERAZIONE NONOSTANTE LA DISSUASIONE DELLA BANCA
I DANNI SONO DA IMPUTARSI ESCLUSIVAMENTE ALLA CONDOTTA VOLITIVA DELLINVESTITORE
Sentenza | Corte di Appello di Roma, Pres. Rel. Sorace | 17.07.2015 | n.3748
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