Testo massima
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 885/2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO alfa
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 68/2007 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 03/10/2007;
Svolgimento del processo
La CTR della Lombardia, con
sentenza n. 68/27/07, depositata il 3.10.2007, confermando la decisione di
primo grado, ha accolto il ricorso col quale il Fallimento della Società alfa
aveva chiesto all’Ufficio di Milano, ove aveva la sede, il rimborso del credito
IVA, relativo ad anno in cui la dichiarazione era stata presentata a Messina.
L’Agenzia delle Entrate ha
proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale ha resistito
la curatela intimata con controricorso, illustrato da memoria. Depositata la
relazione ex art. 380 bis c.p.c., la causa è stata rinviata alla pubblica
udienza.
Motivi della decisione
1. Le eccezioni d’inammissibilità
del ricorso, per difetto di specificità e per violazione dell’art. 366 bis
c.p.c., sono entrambe infondate: il ricorso, corredato da idonei quesiti, è,
infatti, rispettoso del principio di autosufficienza, essendo in esso
adeguatamente esposti i fatti idonei a porre la Corte in condizioni di
comprendere appieno i fatti di causa.
2. Col PRIMO motivo, la
ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la
violazione dell’art. 112 c.p.c., per l’omessa pronuncia sull’eccezione di
incompetenza territoriale dell’Ufficio di Milano, da lei sollevata in seno al
ricorso.
3. Col SECONDO motivo, la
ricorrente deduce, in subordine, la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art.
40, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, formulando il seguente
quesito di diritto:
“dica la Corte se territorialmente competente a ricevere l’istanza
di rimborso di un credito IVA sia l’Ufficio che ha ricevuto la dichiarazione
dei redditi nella quale esso è stato esposto, ovvero se competente sia
l’Ufficio nel cui ambito territoriale il contribuente aveva il domicilio
fiscale al momento della presentazione dell’istanza”.
4. Il primo motivo è fondato:
com’è incontroverso, la questione relativa alla ripartizione di competenza
territoriale degli uffici fiscali ha costituito oggetto di eccezione da parte
dell’Ufficio in primo grado ed è stata riproposta (anche al fine di contestare
la formazione del silenzio rifiuto sull’istanza, in tesi, avanzata ad ufficio
incompetente) in sede d’appello avverso la sentenza della CTP, che la aveva
rigettata. Tale questione non risulta esaminata nella sentenza impugnata, che
è, così, incorsa nella denunciata violazione, in quanto l’omessa pronunzia su
tale censura – che non tocca il problema, di rilevanza processuale, della
competenza territoriale del giudice adito – comporta un difetto di attività del
giudice di merito (da ultimo, Cass. n. 7871 del 2012; 7268 del 2012).
5. All’accoglimento del motivo
non consegue, però, la cassazione con rinvio, dovendosi qui applicare la
condivisibile giurisprudenza (cfr. Cass. n. 2313 del 2010), ispirata ai
principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, di
cui all’art. 111 Cost., secondo cui, una volta verificata l’omessa pronuncia su
un motivo di appello, la Corte può omettere il rinvio della sentenza impugnata
e decidere la causa nel merito, in base ad una lettura costituzionalmente orientata
dell’art. 384 c.p.c., quando la questione di diritto posta con il suddetto
motivo risulti infondata, e semprechè, come nella specie, non siano richiesti
ulteriori accertamenti di fatto.
6. E, nel merito, la denunciata
violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 40, è infondata.
7. Riferisce la ricorrente, ed è
punto anch’esso incontroverso, che il credito in relazione al quale la Curatela
controricorrente ha avanzato nell’ottobre del 2002 l’istanza di rimborso,
D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 30, era stato esposto nella dichiarazione IVA
relativa all’anno d’imposta 1992 presentata dalla Puglisi Costruzioni S.a.s.
con sede in (OMISSIS) alla quale era succeduta – in data 23.5.1994 – la
controricorrente in bonis (poi dichiarata fallita) che aveva trasferito la sede
a (OMISSIS), presentando a quell’Ufficio le successive dichiarazioni annuali.
8. A norma del D.P.R. n. 633 del
1972, art. 40, comma 1, l’ufficio competente a ricevere l’istanza di rimborso
va dunque individuato in quello di Milano nella cui circoscrizione la
contribuente, e poi la Curatela aveva il domicilio fiscale, al tempo della
relativa presentazione.
9. Il Collegio ritiene, infatti,
di non dover dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale (Cass. n.
10224/03, n. 10769 del 2006) secondo cui la competenza territoriale
dell’ufficio IVA in cui è stata presentata la dichiarazione d’imposta (o
avrebbe dovuto esserlo) si radica sino all’esaurimento dell’obbligazione
tributaria, senza che rilevi la successiva modifica del domicilio fiscale del
contribuente.
10. Tale principio è stato, di
recente, condivisibilmente, rivisitato, in tema di accertamento delle imposte
sui redditi, da questa Corte, con la sentenza n. 11170 del 2003, che,
richiamando Cass. n. 5358 del 2006, ha evidenziato che: a) la variazione del
domicilio fiscale indicato dal contribuente, comunicato all’Ufficio con la
dichiarazione annuale dei redditi, costituisce “atto idoneo a rendere noto
all’Amministrazione il nuovo domicilio non solo ai fini delle notificazioni, ma
anche ai fini della legittimazione a procedere, che spetta all’ufficio nella
cui circoscrizione il contribuente ha indicato il nuovo domicilio”; b)
l’esercizio dello ius variandi dev’essere esercitato in buona fede, nel
rispetto del principio dell’affidamento che deve informare la condotta di
entrambi i soggetti del rapporto tributario; c) il contribuente che abbia
indicato nella propria denuncia dei redditi il domicilio fiscale in un luogo
diverso da quello precedente, non può invocare detta difformità, sfruttando a
suo vantaggio anche un eventuale errore, al fine di eccepire, sotto il profilo
dell’incompetenza per territorio, l’invalidità dell’atto di accertamento
compiuto dall’ufficio finanziario del domicilio da lui stesso dichiarato.
10. Posto che il principio può
agevolmente applicarsi anche in tema di IVA, tenuto conto che, ai sensi del
D.P.R. n. 633 del 1972, art. 40, la competenza dell’Ufficio si determina,
appunto, mediante il richiamo al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 58 e 59, in
riferimento al domicilio fiscale del contribuente e che in materia di controlli
è rilevabile una compiuta simmetria tra il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31, e
il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, non sono ravvisabili plausibili ragioni per
limitare la rilevanza della modifica del domicilio fiscale all’ipotesi in cui
essa si risolva a favore dell’Ufficio (come nei casi venuti all’esame della
Corte). 11. Al contrario, il principio dell’affidamento, di cui all’art. 10,
comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, su cui si fonda la citata
giurisprudenza, costituisce espressione di principi generali immanenti in tutti
i rapporti di diritto pubblico ed in ispecie nel diritto e nell’ordinamento
tributario (trovando origine nella Costituzione, e precisamente negli artt. 3,
23, 53 e 97, espressamente richiamati dall’art. 1 dello Statuto, cfr. Cass. n.
16731 del 2010), ed impone, pertanto, di dare ingresso all’ipotesi reciproca,
dovendo perciò affermarsi che, una volta intervenuta la modifica del domicilio
fiscale, il contribuente, così come è esposto all’azione accertatrice
dell’ufficio finanziario, nella cui circoscrizione ricade il domicilio
modificato, può legittimamente avanzare le istanze restitutorie a detto nuovo
ufficio, il quale in ossequio al menzionato criterio di buona fede col
contribuente, non può invocare l’incompetenza per territorio per sottrarsi
all’esame della domanda di rimborso, pur se riferita ad annualità antecedente
quella del trasferimento del domicilio fiscale.
12. Non osta, del resto, a tale
conclusione, la necessità del controllo sulla correttezza del rimborso (su cui
nel caso di specie non si fa nessuna questione), tenuto conto del dovere di
cooperazione esistente tra gli uffici e dell’obbligo dell’Ufficio finanziario,
che riceva atti ritenuti appartenenti alla competenza di altro Ufficio, di
inoltrarli a quello reputato competente, in considerazione del principio, da
ultimo affermato da Cass. n. 6627 del 2013, secondo cui, per effetto delle
norme sul procedimento amministrativo, di cui alla L. n. 241 del 1990, e del
principio di buona fede ed affidamento del contribuente di cui alla citata L.
n. 212 del 2000, art. 10, “in difetto di trasmissione dell’istanza…
all’organo ritenuto competente o di comunicazione al contribuente da parte
dell’Ufficio e nell’inerzia dell’Amministrazione finanziaria, il contribuente
non ha ragione di dubitare della piena formazione del silenzio-rifiuto e,
pertanto, ricorre l’ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma
1, lett. g)” con la possibilità di impugnare il diniego davanti al giudice
tributario.
13. Il ricorso va, in
conclusione, respinto.
14. Si ravvisano giusti motivi,
in considerazione dell’esposta oscillazione giurisprudenziale, per compensare
tra le parti le spese del giudizio.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e
compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 6
novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 19
dicembre 2013
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