In materia di vendita di azienda con patto di riservato dominio, non vi è alcun collegamento negoziale tra il contratto di vendita predetto e quello di finanziamento stipulato con la Banca.
Non può in questo caso sussistere alcun obbligo di vigilanza della banca sull’impiego delle somme finanziate né sull’inadempimento dell’acquirente mutuatario rispetto al contratto di vendita per il quale le medesime sono state richieste.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Spoleto, Giudice Simona Di Paolo, con la sentenza n. 556 del 19 luglio 2023.
La società attrice chiedeva l’accertamento della responsabilità della banca per avere la medesima erogato un finanziamento alla parte acquirente della propria azienda senza aver correttamente valutato il merito creditizio della medesima e senza aver poi controllato che le somme erogate venissero dalla mutuataria versate a favore della società attrice in corrispettivo dell’acquisto della propria attività commerciale.
Il Tribunale ha rilevato l’assenza di responsabilità della banca per assenza del danno nonché del collegamento negoziale tra il contratto di vendita, stipulato con riservato dominio e quello di finanziamento stipulato dall’acquirente con la banca.
Il Giudice, in particolare, ha evidenziato la considerazione per cui, nel caso di vendita con patto di riservato dominio, il pagamento del prezzo risultava comunque garantito dalla riserva di proprietà dell’azienda (che infatti era stata restituita all’attrice), sicchè l’eventuale danno che l’attrice avrebbe potuto chiedere sarebbe stato tutt’al più esclusivamente di natura differenziale.
Inoltre, l’erogazione del finanziamento non rappresentava un danno per l’attrice ma anzi una maggiore possibilità di soddisfacimento della propria pretesa creditoria, avendo l’istituto di credito convenuto dotato l’acquirente della provvista necessaria per poter onerare il pagamento del debito derivante dal contratto di vendita.
Per il Tribunale, inoltre, “non vi è alcun collegamento negoziale tra il contratto di vendita con riservato dominio del 19.2.2016 e quello di finanziamento del 2.5.2016: il contratto di vendita era già concluso e perfetto, potendo, tuttavia risolversi su domanda del venditore rimasto creditore del prezzo. In detto contratto non vi era, inoltre, alcun riferimento alla necessità da parte di (omissis S.r.l.) di ottenere il finanziamento né il perfezionamento del contratto era stato subordinato all’ottenimento di tale finanziamento (che, peraltro, è addirittura successivo rispetto al decorso del termine ultimo del 15.4.2016 previsto per il pagamento del saldo prezzo pattuito nel contratto del 19.2.2016)”.
Il fatto che tra i due contratti non vi fosse alcun collegamento negoziale si ricavava, anche, dalla stessa prospettazione di parte attrice, la quale sosteneva che “l’operato del CS, consistito nell’aver valutato ed affidato la società omissis Srl per un importo pari ad €.150.000,00 (euro centocinquantamila/00) finalizzato all’acquisto di un ristorante (quello della omissis sas!) non ha né preveduto, né tanto meno subordinato l’erogazione alla prova dell’avvenuto pagamento del saldo dell’atto pubblico di trasferimento d’azienda di ristorazione, come prassi, prudenza e best practice impongono e prevedono. Laddove l’erogazione del finanziamento doveva essere subordinata, come sostenuto da parte attrice, alla prova dell’avvenuto pagamento del saldo prezzo pattuito nel contratto del 19.2.2016 si renderebbe evidente che detto finanziamento non era in alcun modo né collegato, né funzionale all’adempimento di un contratto (quale quello di vendita con patto di riservato dominio del 19.2.2016) che aveva visto già integralmente soddisfatte ed adempiute le obbligazioni gravanti su ciascuna delle parti”.
Né, tantomeno, il presunto collegamento negoziale “potrebbe ricavarsi dalla circostanza per cui il finanziamento era stato chiesto da omissis srl con la causale “acquisto attività di ristorazione”, non risultando in alcun modo che tale causale fosse specificatamente riferita proprio all’acquisto dell’azienda. Inoltre, “né la Banca né il (NOTAIO) erano a conoscenza, né, tantomeno, avrebbero potuto esserlo, dell’esistenza della clausola di riservato dominio all’interno del contratto di vendita del 19.2.2016, non essendo parti di detto contratto”.
Pertanto, alla luce delle motivazioni sovraesposte, la domanda attorea è stata rigettata con condanna alle spese di lite in favore della banca convenuta.
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