La compravendita di diamanti, effettuata tramite gli sportelli bancari, non costituisce attività bancaria o finanziaria. Tale operazione non è riconducibile né agli strumenti né ai prodotti finanziari, per cui non può essere applicata, in casi analoghi, la disciplina di settore del Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF).
Questo il principio espresso dal Tribunale di Parma, Giudice Giacomo Cicciò, con la sentenza del 21.01.2019.
Un soggetto che aveva acquistato diamanti ha convenuto in giudizio la banca e la società promotrice, domandando che venisse pronunciata la nullità del contratto generale di investimento per difetto di forma scritta ex art. 23 TUF e, per l’effetto, che venisse dichiarata la nullità del contratto di acquisto di diamanti, per omessa indicazione della facoltà di recesso ex art. 30 TUF in materia di offerta fuori sede di strumenti finanziari.
La banca è rimasta contumace, mentre la società si è opposta alla doglianza attorea, ritenendo inapplicabile al caso di specie le disposizioni del TUF.
Il Tribunale, sul punto, ha respinto la domanda dell’acquirente, fornendo risposta negativa sulla richiesta di applicare alla fattispecie il citato testo unico della finanza.
La disciplina di settore non poteva essere utilizzata perché la vendita di diamanti non può essere riconducibile a nessuna delle operazioni definite come “strumenti finanziari” o “prodotti finanziari”. Secondo il dettato dell’art. 1, co. 1, lett. a del TUF, per “prodotti finanziari” dovevano intendersi “gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”; al comma 2, lett. a, invece, il TUF fornisce un elenco tassativo di “strumenti finanziari”, tra cui sono inclusi i valori mobiliari, ma non è ricompresa la vendita di diamanti.
Nell’escludere la natura finanziaria della vendita di diamanti, il Tribunale richiama un orientamento della Consob (n. 13038246 del 6 maggio 2013) secondo cui “per ogni altra forma di investimento di natura finanziaria debbono intendersi le proposte di investimento che implichino la compresenza dei tre seguenti elementi: impiego di capitale, aspettativa di rendimento di natura finanziaria e assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale”.
L’acquisto di diamanti non rientrerebbe tra i prodotti finanziari, determinando piuttosto il trasferimento di un pieno diritto di proprietà della res materiale in capo all’acquirente, il quale ha il pieno diritto di godere e disporre del bene, con la facoltà di alienarlo o utilizzarlo altrimenti. L’eventuale provento percepito con la (proficua) rivendita del bene rappresenta, dunque, solo una delle possibili modalità di godimento del bene stesso da parte del proprietario.
Per questi motivi, il Giudice ha rigettato la domanda dell’acquirente, condannandolo alla rifusione delle spese processuali.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
TRUFFA DEI DIAMANTI: LA BANCA È RESPONSABILE DEL DANNO SUBITO DAL CLIENTE E DEVE RISARCIRLO
SULLA BANCA GRAVAVA UN DOVERE DI DILIGENZA, IN VIRTÙ DELLE SUE SPECIFICHE COMPETENZE PROFESSIONALI
Ordinanza | Tribunale di Verona, Giudice Massimo Vaccari | 23.05.2019 |
DIAMANTI DA INVESTIMENTO: LA NULLITÀ, L’ANNULLAMENTO O LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PUÒ ESSERE CHIESTA SOLTANTO ALLA SOCIETÀ VENDITRICE
LA BANCA NON È RESPONSABILE DEL VALORE NOTEVOLMENTE INFERIORE RISPETTO AL PREZZO PAGATO
Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Claudio Antonio Tranquillo | 08.01.2019 | n.66
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