Nel nostro ordinamento, la vendita di un immobile locato non determina la rescissione del contratto di locazione, purché quest’ultimo sia stato concluso in data anteriore alla vendita stessa.
Si tratta di un principio espressamente sancito dall’art. 1599 del codice civile, disposizione dalla quale si ricava anche la necessità di distinguere in base alla durata del contratto di locazione che, se stipulato per oltre nove anni, deve essere trascritto prima della vendita per poter essere opponibile all’acquirente.
Ma cosa accade in caso di vendita forzata?
In linea di massima la disciplina è la medesima: l’aggiudicatario dell’immobile all’asta sarà tenuto a rispettare la locazione se il contratto ha data certa o trascrizione (se c.d. ultranovennale) anteriore al pignoramento.
Il rapporto di locazione si “fraziona” allora in due distinti momenti temporali, con lo spartiacque rappresentato dal decreto di trasferimento: dall’emissione di quest’ultimo il contratto viene a spiegare i propri effetti rispetto all’aggiudicatario, che ha acquisito la qualità di locatore e che pertanto ha diritto ad esigere i canoni di locazione.
Particolarmente complessa è la tematica del rinnovo automatico dei contratti di locazione conclusi anteriormente al pignoramento, in quanto soggetta a diverse discipline speciali, a seconda che si tratti di immobile ad uso industriale o abitativo, a canone “libero”, “vincolato” o “convenzionato”.
Su tali aspetti è bene che gli interessati all’acquisto soffermino la propria attenzione nella lettura dell’avviso di vendita, della perizia e dei relativi allegati, al fine di individuare correttamente la normativa applicabile.
Possono infatti diversamente atteggiarsi le facoltà di disdetta e le ipotesi di rinnovo automatico, che è bene analizzare caso per caso, al fine di scongiurare “sorprese” successive all’acquisto del bene locato.
Non vi sono particolari criticità, invece, per le locazioni stipulate nel corso della procedura su autorizzazione del Giudice dell’Esecuzione, ai sensi dell’art. 560 del codice di procedura civile: le stesse sono sempre opponibili all’aggiudicatario ma, per loro natura, tendono ad avere una durata limitata alla pendenza della procedura esecutiva, laddove concluse dal custode come forma di “amministrazione processuale” dell’immobile: le relative rendite sono acquisite alla procedura e formano parte del ricavato da distribuire.
Tra gli strumenti di tutela che l’ordinamento appresta in favore dell’aggiudicatario, vi è in ogni caso la possibilità di “svincolarsi” dalle locazioni c.d. a “canone vile”, pur se anteriori all’avvio della procedura esecutiva: l’art. 2923 del codice civile, al comma 3 prevede che l’acquirente della cosa pignorata possa ottenere la condanna del conduttore al rilascio dell’immobile, qualora dimostri che il canone locatizio sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni.
La “prova” dell’esiguità del canone può rivelarsi particolarmente agevole, facendo ricorso a presunzioni o a parametri quali l’equo canone o i parametri ricavabili dalla legge n. 431 del 1998.
La finalità della disposizione è chiara: impedire che debitore e terzo-conduttore diano corso ad accordi diretti a danneggiare il futuro aggiudicatario, rendendo in ogni caso più appetibile la vendita forzata.
FOCUS
In tema di locazione dell’immobile esecutato, non va dimenticato che nella giurisprudenza più recente va affermandosi il riconoscimento del diritto del creditore ipotecario a conseguire la messa in vendita dell’immobile “libero”, qualora l’ipoteca sia stata iscritta prima della conclusione del contratto di locazione. Su tutte, spicca l’ordinanza del Tribunale di Salerno, in persona del dott. Alessandro Brancaccio, del 5 giugno 2017, per la quale il diritto del conduttore deve cedere di fronte a quello del creditore ipotecario anteriore, che non può essere pregiudicato, nella massima realizzazione possibile del proprio credito, dal deprezzamento inevitabilmente causato dalla locazione.
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