L’art. 1022 del codice civile definisce l’abitazione come il diritto reale di godimento su cosa altrui che conferisce al titolare la facoltà di abitare una casa limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia. Per la sua natura “reale”, il diritto di abitazione può essere costituito mediante testamento, usucapione e contratto, da stipularsi in tale ultimo caso nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. La legge, poi, in caso di morte del coniuge, riserva a quello superstite il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare, anche qualora concorra alla successione con altri chiamati all’eredità. Cosa accade quando un creditore, munito di titolo esecutivo, voglia aggredire l’immobile gravato da diritto di abitazione per soddisfare un proprio credito?
È principio assolutamente consolidato che l’esistenza di tale diritto reale di godimento su un cespite non impedisca l’espropriazione forzata e la vendita del diritto di piena proprietà sul medesimo. Pertanto, la costituzione del diritto di abitazione non inficia il diritto dei creditori di soddisfarsi su beni intestati per la piena proprietà al proprio debitore esecutato. Ciò che viene in rilievo, tuttavia, è la questione dell’opponibilità o meno di tale diritto alla procedura esecutiva.
Laddove “opponibile” al creditore pignorante e – quindi – all’eventuale acquirente, l’immobile non potrà essere venduto come libero e pertanto dovrà stimarsi la conseguente variazione del valore, in relazione alla impossibilità di determinare esattamente il presumibile tempo di godimento da parte del titolare. Dirimente risulta, in tale ottica, la data di trascrizione dell’atto costitutivo del diritto di abitazione.
Se successivo alla trascrizione del pignoramento, l’immobile potrà essere certamente venduto come libero e pertanto non subirà alcuna riduzione di valore, salvi i costi per la eventuale liberazione. Analogamente si potrà procedere alla vendita dell’immobile libero quando la trascrizione del diritto di abitazione manchi del tutto, ovvero quando sia precedente a quella del pignoramento, ma successiva all’iscrizione ipotecaria del creditore procedente (o intervenuto), vincolo che garantisce a quest’ultimo l’inopponibilità dei successivi atti “pregiudizievoli”.
In tal caso, stante l’inefficacia del diritto di abitazione in pregiudizio dei creditori, lo stesso sarà destinato ad estinguersi con l’emissione del decreto di trasferimento, spettando eventualmente al coniuge superstite, all’esito del processo esecutivo, in corrispondenza del valore dei diritti rimasti estinti, l’eventuale residuo, così come ha disposto la Cassazione Civile, sez. III, con la sentenza n. 463 del 13 gennaio 2009. Quando il diritto del coniuge risulti opponibile alla procedura, invece, la proprietà del bene pignorato verrà trasferita come gravata dal diritto di abitazione e gli atti espropriativi non potranno pregiudicare il diritto del titolare, che resta terzo rispetto al procedimento di vendita forzata. Nell’avviso di vendita verrà, dunque, data avvertenza dell’esistenza del diritto di abitazione con l’indicazione dell’atto costitutivo di tale diritto, della data e della trascrizione, nonché del soggetto beneficiario.
FOCUS
Il diritto di abitazione non è suscettibile di autonoma espropriazione e vendita forzata, stante anche l’impossibilità tecnica di trascrivere il pignoramento contro il relativo titolare, nonché l’inalienabilità dello stesso a mente dell’art. 1024 del codice civile. Pertanto, il pignoramento dovrà essere eseguito e trascritto sul diritto di piena proprietà nei confronti del relativo intestatario. Un approccio corretto potrebbe essere quello di notificare comunque il pignoramento al titolare del diritto di abitazione, al fine di consentirgli l’esercizio delle proprie prerogative nel processo esecutivo, ferma restando la sufficienza, a tal uopo, anche di un semplice atto di avviso ai sensi degli articoli 498 e 599 del codice di procedura civile.
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