Le condizioni del subprocedimento di vendita, come fissate dal giudice dell’esecuzione anche in relazione ad eventuali particolari modalità di pubblicità, pure ulteriori o diverse rispetto a quelle minime stabilite dall’art. 490 c.p.c.., devono essere scrupolosamente rispettate, a garanzia del mantenimento – per tutto lo sviluppo della vendita forzata – dell’uguaglianza e della parità di condizioni iniziali tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonchè dell’affidamento di ognuno di loro sull’una e sull’altra e, di conseguenza, sulla trasparenza assicurata dalla coerenza ed immutabilità delle condizioni tutte e sulla complessiva legalità della procedura; pertanto, al loro rispetto hanno interesse tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore; ed esse vanno applicate – a meno di revoca o modifica o di impugnazione fruttuosamente esperita prima dell’espletamento della vendita – rigorosamente, determinando una qualsiasi inottemperanza l’illegittimità dell’aggiudicazione che ugualmente ne segua, per vizi dello stesso subprocedimento di vendita.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sez. civile III, Pres. Finocchiaro – Rel. De Stefano con la sentenza del 07.05.2015 n. 9255.
Nella fattispecie processuale esaminata un debitore proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Trani, con cui era stata in parte dichiarata inammissibile ed in parte rigettata l’opposizione agli atti esecutivi da lui dispiegata avverso la vendita e l’aggiudicazione provvisoria dell’immobile pignorato del 23.4.07.
In particolare il debitore esecutato ha denunziato varie irregolarità del procedimento di vendita tra cui:
a) la carenza di indicazione, nell’ordinanza del 26.2.07, della rifissazione degli incanti, nonchè all’anteriorità dell’avviso di vendita rispetto a quest’ultima;
b) l’omessa affissione nell’albo del tribunale di Trani e della sezione distaccata di Molfetta, disposte dal G.E.;
c) l’irrituale pubblicità a mezzo stampa (avvenuta oltre il termine fissato nell’ordinanza di vendita);
d) l’omessa menzione della possibilità, per gli aggiudicatati, di accedere a mutui in convenzione con l’ABI;
e) la mancanza di prova sull’avvenuta pubblicazione sul sito web indicato;
f) la mancanza di prova sulla eseguita affissione – anch’essa disposta dal G.E. – di manifesti murari nella città di (OMISSIS).
Sul punto, i Giudici di palazzo Cavour hanno precisato che ogni scostamento dalle specifiche istruzioni sancite nel caso concreto è, senza possibilità di prova contraria, idoneo in astratto ed ex ante ad influire sull’esito successivo della gara, in quanto rappresenta una perturbazione del percorso di raggiungimento delle relative notizie alla platea indifferenziata di potenziali interessati all’acquisto.
Gli Ermellini hanno quindi ribadito che in tema d’espropriazione forzata, le condizioni di vendita fissate dal Giudice dell’esecuzione, anche in relazione ad eventuali modalità di pubblicità ulteriori rispetto a quelle minime di cui all’art. 490 c.p.c., devono essere rigorosamente rispettate a garanzia dell’uguaglianza e parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonchè dell’affidamento da ciascuno di loro riposto nella trasparenza e complessiva legalità della procedura, per cui la loro violazione comporta l’illegittimità dell’aggiudicazione, che può essere fatta valere da tutti gli interessati e, cioè, da tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore.
Per tali ragioni, la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e, decidendo nel merito, ha annullato l’ordinanza di aggiudicazione provvisoria oggetto di quella, resa dal Tribunale di Trani il 23.4.07.
In sintesi l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione che fissa le modalità della vendita va rispettata alla lettera per cui ogni statuizione deve essere onorata in modo perentorio.
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