Quando il compendio pignorato viene suddiviso in più lotti, può accadere che dalla vendita di uno od alcuni di essi si ricavi un importo tale da soddisfare interamente i creditori.
Come disciplina tale ipotesi il legislatore? E cosa accade ai restanti immobili oggetto di pignoramento?
A tal proposito, l’art. 504 del codice di procedura civile prevede la “cessazione della vendita forzata”, allorquando il prezzo già ricavato dalla vendita di alcuni lotti raggiunga complessivamente l’importo delle spese di esecuzione e quello dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.
La norma è funzionale a rimediare all’eventuale “eccesso dell’espropriazione”, al pari – ad esempio – delle disposizioni sulla riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.) e sul cumulo dei mezzi di espropriazione (art. 483 c.p.c.).
In termini di risultato, la cessazione prevista dall’art. 504 e la riduzione del pignoramento disciplinata dall’art. 496 del codice di procedura civile si equivalgono, ma, mentre quest’ultima mira a prevenire che si addivenga alla vendita di beni in eccesso e necessita di apposita istanza del debitore, la prima abbraccia una serie di fattispecie in cui il pignoramento sia “divenuto” eccessivo per effetto di circostanze sopravvenute (es. riduzione complessiva dell’esposizione debitoria o liquidazione di alcuni beni oltre le previsioni di stima).
La cessazione della vendita forzata è atto proprio del giudice dell’esecuzione, quindi consegue ad un rilievo d’ufficio che non necessita di richieste da parte del debitore, ma nulla osta a che sia quest’ultimo a sollecitarne l’adozione.
Quando la vendita è delegata, il provvedimento è adottabile in via provvisoria dal professionista incaricato, con la necessità di successiva ratifica da parte del giudice, come previsto dall’art. 163 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile.
Nella prassi accade che il giudice dell’esecuzione, rilevata la possibile ricorrenza di un’ipotesi di cessazione della vendita, convochi i creditori e gli interessati in apposita udienza, sollecitando la precisazione dei crediti vantati.
Una volta adottato il provvedimento, la procedura si estingue con riferimento ai lotti residui e si può dar corso alla cancellazione (parziale) della trascrizione del pignoramento.
Naturalmente, a tal fine deve comunque considerarsi che l’ordinanza è impugnabile con l’ordinario rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 del codice di procedura civile e pertanto, prima di procedere alla cancellazione, occorre attendere il decorso dei termini per tale opposizione.
Si ritiene, peraltro, che l’istituto possa trovare applicazione solo allorquando tutti i creditori siano stati integralmente ed effettivamente soddisfatti, e cioè soltanto dopo la distribuzione del ricavato. Tale soluzione consentirebbe di garantire la permanenza “cautelare” del vincolo pignoratizio sui beni immobili anche in presenza di controversie in sede di distribuzione e di dar corso, laddove uno dei creditori resti insoddisfatto, alla revoca dell’ordinanza ed alla prosecuzione della vendita sui lotti residui.
FOCUS
È bene precisare che il provvedimento di cessazione anticipata non può essere adottato quando la procedura di vendita sui restanti lotti si trovi in una fase tanto avanzata da pregiudicare i diritti di terzi estranei alla procedura.
Si pensi al caso in cui gli immobili residui siano stati già oggetto di aggiudicazione provvisoria. In tale ipotesi l’art. 187 bis delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile fa salvi gli effetti dell’aggiudicazione, anche provvisoria. Pertanto, pur se il giudice dell’esecuzione dovesse rilevare la ricorrenza di un’ipotesi che avrebbe imposto di pronunziarsi ai sensi dell’art. 504 del codice di procedura civile, non potrà porre nel nulla l’acquisto dell’aggiudicatario. Il sistema così congegnato costituisce certamente un incentivo alla formulazione delle offerte, ponendosi nell’ottica dei potenziali interessati.
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