Poiché la procedura prefallimentare non ha natura esecutiva ma cognitiva, in quanto, prima della dichiarazione di fallimento, non può dirsi iniziata l’esecuzione collettiva (così come, prima del pignoramento, non può dirsi iniziata l’esecuzione individuale), ne consegue che il procedimento per la dichiarazione di fallimento non resta soggetto alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dalla L. n. 44 del 1999, art. 20, comma 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e di usura.
La sospensione dei procedimenti pendenti, in favore del soggetto vittima di richieste estorsive o di usura, prevista dalla citata L. 23 febbraio 1999, n. 44, art. 20, comma 4, può riguardare singoli crediti oggetto degli specifici provvedimenti amministrativi previsti dal comma 7, senza tuttavia pregiudicare la potestà del giudice, una volta riscontrata l’insolvenza comunque dell’imprenditore ai sensi della L. Fall., art. 5 e dunque con riguardo ad ogni altra generalità di debiti, di dichiararne il fallimento.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. Ferro, con la sentenza n. 10172 del 18.05.2016.
IL CONTESTO NORMATIVO
- n. 44 del 1999, art. 20, comma 4
Art. 4 – (Condizioni dell’elargizione)
- L’elargizione è concessa a condizione che:
- a) la vittima non abbia aderito o abbia cessato di aderire alle richieste estorsive; tale condizione
deve permanere dopo la presentazione della domanda di cui all’articolo 13;
- b) la vittima non abbia concorso nel fatto delittuoso o in reati con questo connessi ai sensi
dell’articolo 12 del codice di procedura penale;
- c) la vittima, al tempo dell’evento e successivamente, non risulti sottoposta a misura di prevenzione o al relativo procedimento di applicazione, ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, e 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nè risulti destinataria di provvedimenti che dispongono divieti, sospensioni o decadenze ai sensi degli articoli 10 e 10-quater, secondo comma, della medesima legge n. 575 del 1965, salvi gli effetti della riabilitazione;
- d) il delitto dal quale è derivato il danno, ovvero, nel caso di danno da intimidazione anche ambientale, le richieste estorsive siano stati riferiti all’autorità giudiziaria con l’esposizione di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza.
- Non si tiene conto della condizione prevista dalla lettera c) del comma 1 se la vittima fornisce
all’autorità giudiziaria un rilevante contributo nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori delle richieste estorsive, o del delitto dal quale è derivato il danno, ovvero di reati connessi ai sensi dell’articolo 12 del codice di procedura penale.
Art. 7 – (Elargizione ad altri soggetti)
- L’elargizione è altresì concessa ai soggetti, diversi da quelli indicati negli articoli 3 e 6, che, in conseguenza dei delitti previsti nei medesimi articoli, subiscono lesioni personali ovvero un danno a beni mobili o immobili di loro proprietà, o sui quali vantano un diritto reale di godimento.
- L’elargizione è concessa alle medesime condizioni stabilite per l’esercente l’attività.
- Ai fini della quantificazione dell’elargizione si tiene conto del solo danno emergente ovvero di quello derivante da lesioni personali.
Art. 20 – (Sospensione di termini)
- A favore dei soggetti che abbiano richiesto o nel cui interesse sia stata richiesta l’elargizione prevista dagli articoli 3, 5, 6 e 8, i termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti amministrativi e per il pagamento dei ratei dei mutui bancari e ipotecari, nonchè di ogni altro atto avente efficacia esecutiva, sono prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di trecento giorni.
- A favore dei soggetti che abbiano richiesto o nel cui interesse sia stata richiesta l’elargizione prevista dagli articoli 3, 5, 6 e 8, i termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti fiscali sono prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di tre anni.
- Sono altresì sospesi, per la medesima durata di cui al comma 1, i termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data dell’evento lesivo.
- Sono sospesi per la medesima durata di cui al comma 1 l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili e i termini relativi a processi esecutivi mobiliari ed immobiliari, ivi comprese le vendite e le assegnazioni forzate.
- Qualora si accerti, a seguito di sentenza penale irrevocabile, o comunque con sentenza esecutiva, l’inesistenza dei presupposti per l’applicazione dei benefici previsti dal presente articolo, gli effetti dell’inadempimento delle obbligazioni di cui ai commi 1 e 2 e della scadenza dei termini di cui al comma 3 sono regolati dalle norme ordinarie.
- Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano altresì a coloro i quali abbiano richiesto la concessione del mutuo senza interesse di cui all’articolo 14, comma 2, della legge 7 marzo 1996, n. 108, nonché a coloro che abbiano richiesto l’elargizione prevista dall’articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302.
- La sospensione dei termini di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 ha effetto a seguito del parere favorevole del prefetto competente per territorio, sentito il presidente del tribunale.
IL CASO
Una società debitrice proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli, di rigetto del reclamo presentato nei confronti della sentenza dichiarativa del suo fallimento emessa dal Tribunale di Benevento.
Il Giudice di seconde cure, rilevato che i crediti dei lavoratori istanti per il fallimento erano scaduti da oltre 300 giorni all’atto della dichiarazione di fallimento e che, ad ogni modo, il reclamante non aveva puntualmente riferito ad uno specifico periodo la pretesa attività usuraria delle banche, aveva ritenuto inapplicabile all’appellante la disciplina della sospensione della procedura prefallimentare, prevista dalla L. 44 del 1999, art. 20, comma 4, in favore delle vittime dei reati di estorsione ed usura.
In sede di giudizio di legittimità, il ricorrente deduceva, in primo luogo, la violazione di legge, quanto alla L. n. 44 del 1999, art. 20, comma 4, per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso l’applicazione della norma di sospensione ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento, attesa la ratio protettiva del debitore vittima di usura od estorsione a proseguire l’attività e cercare i fondi per soddisfare i creditori; in secondo luogo, lamentava la violazione di legge, quanto alla L. Fall., art. 5, per il comportamento illegittimo del ceto bancario ed i suoi riflessi sui debiti finali; infine, eccepiva il vizio di motivazione della sentenza, per avere la Corte d’Appello errato nel non considerare che la riassunzione dei giudizi civili, da parte della curatela e verso le banche, e la non ammissione al passivo di queste, facevano supporre un giudizio del giudice delegato di non condivisione della declaratoria di fallimento e la congettura per cui la società, con le elargizioni richieste, avrebbe superato la propria crisi.
LA DECISIONE
La Suprema Corte, in ordine al primo motivo, osservava che, in ragione della natura cognitiva e non esecutiva della procedura prefallimentare, il procedimento per la dichiarazione di fallimento non risulta essere assoggettato alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dalla L. 44/1999, art. 20, comma 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e di usura.
In ordine al secondo motivo, rilevava che la disciplina invocata, può riguardare singoli crediti oggetto degli specifici provvedimenti amministrativi previsti dal comma 7, senza tuttavia pregiudicare la potestà del giudice, una volta riscontrata l’insolvenza dell’imprenditore, ai sensi della L. Fall., art. 5, relativamente ad ogni altra generalità di debiti, di dichiararne il fallimento.
Ad avviso della Corte, il ricorrente aveva, del resto, omesso di specificare la porzione di indebitamento non bancario comunque estranea ad usurarietà od estorsività, e di isolare la prospettiva solutoria quale prescindente dall’indebitamento bancario.
Infine, dichiarava l’inammissibilità del terzo motivo perché generico e fondato su mere congetture prive di alcun tipo di correlazione a fatti storici, invero ampiamente smentite dagli accertamenti sull’insolvenza condotti dal giudice di seconde cure.
Sulla base delle argomentazione suesposte, la Suprema Corte rigettava il ricorso.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia al seguente contributo pubblicato in Rivista:
FALLIMENTO: ESCLUSA LA SOSPENSIONE DELLA FASE PRE-FALLIMENTARE PER LE VITTIME DEL REATO DI USURA
L’ACCERTAMENTO DELL’INSOLVENZA NON PUÒ ESSERE ASSIMILATO AD UN PROCEDIMENTO ESECUTIVO
Sentenza Cassazione Civile, Sezione sesta 01-10-2014 n.20746
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